lunedì 16 aprile 2012

Vivi o Muori

Sei sul precipizio. Una mano o una spinta e sei vivo o morto. Anche il peso di una lacrima può fare la differenza, se il cuore si riempie di rabbia e lo stomaco di lame, l’equilibrio si fa instabile. Ti pieghi in avanti e ti accorgi che l’unica cosa a cui ti puoi afferrare è la paura, scivolosa, viscida, paura. Non guardi indietro e nemmeno avanti, ti guardi dentro e scopri il colore del buio,  poche cose brillano di luce flebile e costante ma sono impolverate, nessuno ci arriva mai così in fondo. Pro e contro. Se ti salvi ti devi ripulire dentro e intorno,  ricominciare a costruire te per poi edificare gli altri. Se muori, ti godi il brivido freddo e melmoso del fallimento, chiudi gli occhi e abbracci il vento che ti sputa addosso durante la caduta, quello da cui non puoi scappare lo sai, è l’atterraggio, che ti guarda dal basso con un ghigno. Ma se sei tanto bravo può anche capitare che l’inatteso accada: improvvisamente ricordi esattamente tutte le volte in cui sei caduto e ti sei rialzato, hai nitide immagini di quella volta che sei caduto dal 13° piano delle tue illusioni  e ti sei alzato dopo qualche giorno durato secoli.  Ricordi che ti tremavano le gambe e le parole non le trovavi nemmeno trivellandoti l’anima, affannavi ma eri vivo, e dopo poco ti è pure brillato un sorriso … nemmeno quella volta erano riusciti a spegnertelo. Questa volta ancora non lo sai, giochi a poker con te stesso e bleffare non ti serve a niente, l’unico Jolly che hai sei tu. E allora che fai? Ti arrendi o vai a avanti?  Ti lanci o afferri la mano? Vivi o muori?

Si schiantò fragorosamente contro l’asfalto. Il suo cuore rotolò poco lontano schizzando amore e rabbia dappertutto. Le sue ossa  un puzzle scomposto che nessuno ricomporrà. Il suo volto una  maschera di sangue profumato. La puzza di dolore impregnò l’aria. Una pozza di lacrime si formò intorno al corpo esanime. Passò qualche giorno durato secoli, e poi si rialzò.

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