lunedì 21 novembre 2011

“Warrior”: indossate i guantoni e correte al cinema

Brendan e Tom sono due fratelli che non si parlano e vedono da anni. Ad unirli c’è solo la lotta sul ring e un vecchio padre ex allenatore, pieno di rimorsi e rimpianti, accusato di aver messo KO la famiglia a colpi di Whiskey e violenza. I due fratelli motivati da esigenze diverse (Brendan è un professore di fisica con famiglia sommerso dai debiti e Tom un arrabbiato marine in congedo ed ex promessa della lotta) si ritrovano iscritti a “Sparta”, competizione di arti marziali miste che prevede la partecipazione dei 16 lottatori più forti del mondo e cinque milioni di dollari come premio in palio. 

Dalle impronte dei guantoni di “Rocky” lasciate sui cuori degli spettatori, nasce  “Warrior”, nuovo “boxing-movie” di Gavin O’ Connor che miscela in una sola pellicola dramma familiare  e struggente foga sportiva: un “Pride and Glory”  in “Miracle” potremmo dire,  entrambi film, rispettivamente del 2008 e del 2004, dello stesso O’ Connor. “Warrior” prepara emotivamente nel primo tempo, mostrandoci i profili psicologici dei vari personaggi e poi esplode durante il secondo tempo raggiungendo il pathos tanto atteso. Inizialmente gli sguardi cupi e torbidi, il rancore e  la tenerezza nascosta dietro il volto di un padre che non si riesce a perdonare (se non si perdona prima se stessi) la fanno da padrone; successivamente non sono più sguardi e parole a farsi sentire ma pugni e calci a cascata, sferzati  da rabbia e disperazione. La cinepresa è portata a spalla durante i vari incontri, la sala diventa uno stadio e la “gabbia” è lì, davanti a noi ed è incandescente. Ciò che incolla lo spettatore è l’impossibilità di scegliere per chi tifare,  tra i due fratelli non c’è il “cattivo”, sono come “supereroi  ambigui” ,  in cui l’uno è criptonite per l’altro. I combattimenti escludono capriole aeree o salti acrobatici, le sequenze di lotta sono reali e i colpi secchi e rumorosi vengono incassati anche un po’ dal pubblico in sala. La cornice di “Warrior” è sicuramente retta da un cast ben scelto e preparato, anche tecnicamente:  Tom Hardy interpreta Tom, il lato oscuro del fratello “Brendan” (Joel Edgerton) in modo eccellente (sarà lui il nuovo Van-Damme?) e Nick Nolte è essenziale nel ruolo del padre burbero in via di redenzione. La pellicola di O’Connor da al suo pubblico carota e bastone, così facendo lo conquista e si porta a forse poco più di un pugno al di sotto di “The fighter” di David O. Russell, tanto visto e acclamato. “Warrior” è un film consigliato agli appassionati del genere ma non solo, un film in cui le scene finali inchiodano, imprigionano e quasi fanno male:  il ring diventa la resa dei conti di qualcosa che vale più di un premio in palio, il perdono carica di pugni il rancore,  che silenzioso, sulle note di “About Today” dei The National, scivola via.

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