mercoledì 18 gennaio 2012

Clint Estwood sforna “J.Edgar” , ed è subito profumo di nomination

La pellicola si apre con l’immagine di un uomo crucciato e segnato dal tempo  che detta la sua biografia e le sue imprese al neo-plurilaureato di turno. L’uomo in questione è  J. Edgar, capo dell’FBI,  cresciuto  tra debolezza paterna e autorevolezza  materna . Una vita divisa tra ambizione ed ossessione che si intrufola prepotentemente in un pezzo di storia americana, cambiando il corso degli eventi grazie alle illuminanti idee “anticrimine” che l’hanno ossessionata. Uno spaccato di quarantotto anni di vita dedicati alle innovazioni sul delicato tema della sicurezza per il paese,  che attraversa periodi storici che vanno dalla Grande Depressione al movimento per i diritti civili e che fiancheggia personaggi storici che vanno dal nemico pubblico numero uno John Dillinger a Martin Luther King.  J.Edgar, nel corso di questi anni ,  diventa il fondatore di un vero e proprio impero basato sulla rivoluzione investigativa, che a partire dalla consolidazione del  Bureau, colleziona azioni e indagini investigative (tra il legale e l’illegale) accompagnato dalla fiducia per la segretaria Helen Gandy e dai sentimenti confusi ma imprescindibili per il suo braccio destro , Clyde Tolson.

“J. Edgar” è l’ennesimo gioiellino firmato Clint Estwood che continua a percorrere la strada verso il cinema impegnato, raccontando storie che sfidano “croci e aquile” di un’ America sulla quale le riflessioni non sono mai abbastanza.  Con questa pellicola viene spolverata la biografia del fondatore della scienza forense moderna, J. Edgar Hoover, nome che ancora oggi riecheggia nei corridoi dell’edificio dell’FBI a lui dedicato. Un uomo di grandi ambizioni, ossessionato dalla sua carriera, a tal punto da creare vuoti e ambiguità all’interno della sua vita sociale, un uomo ossessionato dalle sue stesse ossessioni ma anche un uomo che ha rivoluzionato il sistema anti-crimine,  incominciando dal renderci “archiviabili” in base alle impronte digitali. La sceneggiatura di “J.Edgar” , firmata Dustin Lance Black,  reduce dall’aver curato “Milk” (2008) di Gus Van Sant, è forte e ben articolata, seppur a tratti statica viene astutamente smossa dai numerosi flash-back. Una sceneggiatura che mette bene in  luce la vita a tratti buia di J. Edgar,  dal punto di vista, professionale e personale,  senza dimenticare i dettagli storico-politici che le fanno da cornice. La solita dedizione “Estwoodiana” nella scelta del cast si è rivelata ancora una volta impeccabile; brillano di luce propria, infatti, un’eccezionale Judi Dench nei panni della pretenziosa madre di J. Edgar e un invecchiato (artificialmente e fortunatamente meglio del collega Armie Hammer  nel ruolo di Clyde Tolson) Leonardo Di Caprio che “tradisce” Scorsese per vestire i panni  di un “G-Man” che ha fatto la storia dell’America e non solo. “J. Edgar” è un film che ci dimostra non solo che “anche i grandi uomini si possono corrompere” ma anche che l’ istituzione di una “macchina anti-crimine” è funzionale  fin quando non si “guasta”, iniziando ad alimentare o addirittura ad emulare ciò che condanna. Come tutti i film di Clint Eastwood è un film che va visto e discusso, probabilmente non sarà ricordato come uno dei suoi lavori migliori ma nonostante ciò, il profumo di nomination all’Oscar già si fiuta.

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