lunedì 14 marzo 2011

Recensione di "Somewhere" di Sofia Coppola.

                             
L'occhio dello spettatore è fisso,ed è tutt'uno con la macchina da presa.Spia.In silenzio.Il film è impregnato di significato già dalla prima "monotona" scena: una potente ferrari nera sfreccia in un circuito.Ancora e ancora.Sola,ripetitiva.Le ruote sfrecciano sempre sullo stesso asfalto e nello stesso patetico giro.Poi una frenata: la star del cinema Jhonny Marco (Stephen Dorff) scende dal bolide,attorno a lui ma soprattutto dentro di lui,il vuoto.Un vuoto che verrà non colmato ma bensì riconosciuto dal protagonista dopo un lungo periodo (forzato) in compagnia di sua figlia Cleo (Elle Fanning).Una trama semplice,per un percorso di coscienza insidioso,spesso reso palpabile dai lunghi silenzi,dalle lunghe sigarette fumate con lo sguardo annoiato,dalle poche parole e dall'insoddisfazione generale,persino davanti ai festini,e ai balletti sexy regalati dalle bellocce di turno.Una vita ricca ma solo di cose,si avvia piano piano verso quella disperata presa di coscienza in cui essere diventa un'esigenza e sembrare una prigione d'oro con tanto di piscina privata.
Come in "Lost in traslation" (Premio oscar per la sceneggiatura),la fotografia mantiene colori vivaci ma reali,la telecamera si blocca,anche per diversi minuti,sul protagonista,resta lì,quando tutto intorno è silenzio,quasi per aiutarci a viaggiare nei pensieri e nelle angoscie di quest'ultimo,senza rilasciare alcun tedio,ci trasporta,come fossimo noi lì a chiederci: Chi sono?Cosa faccio?Cosa voglio?Un film da vedere.Un film che fa luce su quel firmamento buio che è a volte il mondo dello Star Sistem,fatto di vite inutili su sfreccianti ferrari che per salvarsi,forse,avrebbero solo bisogno di proseguire a piedi,verso chissà quale meta.

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