mercoledì 5 ottobre 2011

“ L’alba del pianeta delle scimmie e degli effetti speciali ”


Nei laboratori di San Francisco, lo scienziato Will Rodman (James Franco) testa su alcuni scimpanzé un nuovo virus, probabile cura per l’Alzheimer. Dopo il trattamento, uno scimpanzé  femmina mostra capacità cognitive sopra la media, ma nonostante ciò viene fatta abbattere insieme ad altri esemplari perché ritenuta aggressiva e pericolosa a causa delle continue sperimentazioni.  Dopo la sua morte, si scopre che aveva dato alla luce un cucciolo, il quale, dopo alcune esitazioni, viene salvato e adottato da Will. Il cucciolo, chiamato Cesare, col passar del tempo cresce, da un punto di vista fisico ma soprattutto cognitivo, imparando in poco tempo il linguaggio dei segni e abitudini quasi umane. La grande capacità intellettiva dell’animale si rivelerà  una grande forza ma anche un grande limite, ben presto infatti, Cesare sentirà il bisogno di un ambiente  a lui più congeniale e la necessità di relazionarsi con cervelli più evoluti, che non vedano in lui soltanto il solito stupido scimpanzé.
“L’alba del pianeta delle scimmie” di Rupert  Wyatt è il secondo tentativo, dopo quello di Tim Burton nel 2001, di remake del film “Il pianeta delle scimmie” (basato sul romanzo di Pierre Boulle), firmato da Franklin J. Schaffner.  Il regista britannico Rupert Wyatt, alla sua seconda importante regia (“The escapist”, 2008) ripropone sottoforma di prequel un film che lasciò nel lontano 1968 tutti a bocca aperta, grazie all’idea originale, che vede le scimmie come evoluzione dell’uomo e non viceversa; purtroppo però, tra una rivisitazione ed un’altra, quella grande idea rischia di perdere la sua forza e di trascinar via con se anche un po’ di entusiasmo.  Al centro di tutto c’è sempre  il concetto  dualistico di evoluzione/rivoluzione che spinge le scimmie alla conquista del pianeta, ma mentre nel film di Schaffner  s’immaginava un futuro in cui le scimmie governavano sugli uomini, con Wyatt  ci si trova ai giorni nostri , col rischio che le scimmie decidano di  conquistare il pianeta a partire dal Golden Gate Bridge,  trascendendo in scene improbabili come lo scontro “gorilla vs. elicottero”.  Un film che rispetto all’originale forse perde un po’ in quanto a trama ma che vince, invece, senza alcun dubbio  in quanto ad effetti speciali. Grazie al progresso della tecnologia, si è passati dalle maschere “scimpanzesche” del 1968, al ben truccato Tim Roth nei panni del generale Thade nel 2001 e si è giunti, infine, al  sorprendente dinamismo digitale del quasi reale Cesare, che riproduce i movimenti del bravissimo Andy Serkis. Cesare, infatti, nasce in casa Weta Digital di Peter Jackson, in cui la tecnica della Motion Capture, era stata già utilizzata insieme allo stesso Serkis, per la realizzazione di Gollum del “Signore degli Anelli”. Quello di Wyatt è un film che riuscirà sicuramente ad intrattenere il pubblico di curiosi, intenerendolo e sorprendendolo. A coloro che, invece, risentono della “nostalgia da originale”, il consiglio è comunque quello di andare al cinema, anche solo per godere degli strepitosi risultati della Motion Capture.

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